Viaggio nel mondo della sabbia: dalle spiagge colorate al fascino del deserto

E’ di pochi giorni fa la notizia di una tremenda tempesta di sabbia che si è abbattuta sul Medio Oriente.  Da qui la mia riflessione su quello che la sabbia rappresenta, evoca, suggerisce. Ci abbiamo giocato a lungo da bambini, in riva al mare e da adulti è rilassante scorrerla tra le dita o camminarci sopra a piedi nudi. Ci sono ricordi più o meno distanti che ci riportano a vacanze, dove la sabbia è stata il denominatore comune di tante nostre giornate. Così ho voluto intraprendere un insolito “viaggio”, per conoscere qualcosa di più di quella “cosa” che si appiccica ai piedi bagnati o diventa in un attimo la lavagna su cui scrivere in fretta, prima dell’infrangersi di un’onda. Raccogliendo una serie di curiosità vorrei regalarti, così, il piacere di una nuova scoperta. La sabbia è da sempre quell’immagine mentale che supera l’orizzonte e protende verso l’infinito. Non si possono contare i suoi minuscoli granelli e questo più di 2000 anni fa era ben noto ad Archimede di Siracusa, che nel suo trattato “L’arenario” cerco una correlazione logica con la matematica, tanto da arrivare alla definizione dei numeri esponenziali. Forse non sai che dopo l’acqua, è la sabbia il materiale più estratto dalla superficie terrestre e più utilizzato nel mondo, dal calcestruzzo, agli smalti, dai dentifrici agli inchiostri. E’ una sostanza composta da minerali, composti del silicio, quarzo, granito, argilla, che vengono trasportati e sminuzzati dal vento e dalle perturbazioni atmosferiche, che ne abbandonano i residui in diverse aree del nostro pianeta, sulle rive del mare, confondendosi spesso con lava vulcanica, coralli o conchiglie, o dando vita ai deserti, zone aride sempre più estese. La sabbia è vita. Anche se sembra impossibile, in essa si nascondono moltissime specie insolite dai granchi alle coccinelle, dagli scarabei agli scorpioni, ma anche esseri inferiori al millimetro che vengono chiamati “psammon” e “si nutrono di foglie, batteri, animali morti..” fino ad ospitare  “animali resistenti come i tardigradi capaci di sopravvivere tra i -200 e i 150°C.” Secondo studi scientifici anche i fiumi hanno il loro peso specifico quando si parla di sabbia: sono loro che trasportano nel mare ogni anno circa 8 Kmq di materiale che si deposita sul fondo, oppure crea, per accumulo, alcune delle spiagge che conosciamo.

spiaggia algarve

Le spiagge non sono tutte uguali e noi viaggiatori e turisti lo sappiamo bene, sempre intenti a cercare quella più spettacolare o semplicemente piacevole e adatta al nostro bisogno di relax (..le hai viste quelle che ci sono nella sezione “Gallery”?). Nel mondo ce ne sono addirittura di curiose e incredibili. Qualche esempio? Intanto devi sapere che “nel I sec. a.C. il console romano Marco Antonio caricò navi di sabbia dalle coste del Mar Rosso: voleva creare una spiaggia per l’amata Cleopatra”. Non è una leggenda! La spiaggia esiste ancora oggi ed è situata sull’isola di Sedir in Turchia, una distesa di sabbia bianchissima, custodita dal governo locale. La spiaggia dai colori sfumati del viola perchè “composta di minerali diversi (granato, quarzo, zircone, magnetite…)” è a Pfeiffer negli Stati Uniti, mentre a Papakolea (Hawaii) la spiaggia è verde, frutto di cristalli di olivina, un minerale ricco di magnesio e ferro. L’Italia può vantare la meravigliosa spiaggia rosa di Budelli che “deve il suo colore alle conchiglie Miniacina miniacea”, la spiaggia di lava nera caratteristica dell’isola di Stromboli e le incredibili spiagge bianche di Rosignano Marittimo e di Lipari. L’unicità di una spiaggia non è data solo dal suo colore, ma spesso dipende dai piccoli, minuscoli granelli di cui è formata. Così ho scoperto che esiste una spiaggia formata da cristalli di sale (Lago di Assad-Gibuti) o quella spettacolare di Jimbaran a Bali (Indonesia) di sabbia finissima,  “composta da gusci di foraminiferi così tondi che sembra di camminare su un tappeto di cuscinetti a sfera”. Non ti viene voglia di partire per queste destinazioni così incredibili? La sabbia ha un fascino indiscusso, che coinvolge gran parte del nostro pianeta e l’accostamento non solo con il mare, ma anche con il deserto provoca sempre una certa suggestione. Egitto, Marocco, Libia e Tunisia, di cui ti parlerò presto, sono i Paesi che mi vengono in mente quando penso a immense distese di sabbia dalle sfumature più calde, intervallate da dune solitarie. L’etimologia della parola “deserto” è terribilmente significativa e sta indicare qualcosa che è stato “abbandonato, vuoto, solo”. Fino a non molti anni fa immaginarsi di vivere nel deserto era cosa quasi impensabile. La maggior parte di noi, infatti, è attratta da località turistiche rinomate, ricche di modernità e comfort e non avremmo mai creduto che un giorno saremmo arrivati a decidere una tale destinazione per una fuga solitaria. Ultimamente, invece, il deserto è diventata una meta sempre più ricercata. Il motivo? Fuggire dallo stress, da quel groviglio di impegni e di presenze che ci circondano ogni giorno, per ritagliarsi un periodo di tranquillità totale, di ricerca interiore, con il desiderio di ritrovare se stessi, in un contesto diverso dai soliti, in una dimensione dove non esiste nulla e nessuno, se non noi e la nostra identità. Ecco uno dei cardini su cui poggia la “desert therapy”. Non si tratta dei numerosissimi e conosciuti tour che ti accompagnano nel deserto con campi tendati e la possibilità di dormire al buio sotto un cielo di stelle, ma di qualcosa di molto più personale, che segue quasi una sorta di “filosofia” esistenziale, divenuta necessaria in un mondo che spesso va troppo di fretta. Come e dove poter vivere un’esperienza simile? Te lo svelerò la prossima volta…