Bologna: alla Fondazione Mast per scoprire il progetto Anthropocene

Alla Fondazione Mast (Manifattura di Arti, Sperimentazione e Tecnologia) di Bologna è arrivata, in anteprima in Europa, la mostra che indaga l’impatto dell’uomo sul pianeta e, che terminerà il 5 gennaio 2020, visto il positivo riscontro ottenuto. Il progetto Anthropocene è un’esplorazione multimediale, che documenta l’indelebile impronta umana sulla terra: dalle barriere frangiflutti edificate sul 60% delle coste cinesi, alle ciclopiche macchine costruite in Germania, dalle psichedeliche miniere di potassio nei monti Urali in Russia, alla devastazione della Grande Barriera corallina australiana, dalle surreali vasche di evaporazione del litio nel Deserto di Atacama, alle cave di marmo di Carrara e ad una delle più grandi discariche del mondo a Dandora, in Kenya. Anthropocene è frutto della collaborazione quadriennale tra il fotografo di fama mondiale Edward Burtynsky e i pluripremiati registi Jennifer Baichwal e Nicholas de Pencier che, combinando arte, cinema, realtà aumentata e ricerca scientifica, documentano i cambiamenti, che l’uomo ha impresso sulla terra e testimoniano gli effetti delle attività umane sui processi naturali. Il progetto si basa sulla ricerca del gruppo internazionale di scienziati Anthropocene Working Group, impegnato nel raccogliere prove del passaggio dall’attuale epoca geologica – l’Olocene, iniziata circa 11.700 anni fa – all’Antropocene (dal greco anthropos, uomo). La ricerca è volta a dimostrare che gli esseri umani sono diventati la singola forza più determinante sul pianeta. La mostra utilizza diversi mezzi espressivi. Trentacinque sono le fotografie di grande formato di Edward Burtynsky. Quattro murales ad alta risoluzione, in cui si abbinano tecniche fotografiche e filmiche, che evidenziano il lavoro sinergico dei tre artisti: grazie a brevi estensioni video di Jennifer Baichwal e Nicholas de Pencier integrati in queste enormi fotografie, i visitatori possono esaminare nei più minuti dettagli e in modo immersivo la complessità delle incursioni umane sulla Terra, attraverso la App AVARA (scaricabile gratuitamente su Apple App Store e Google Play, sul proprio smartphone/tablet o sui tablet messi a disposizione da MAST). Tredici videoinstallazioni HD curate dai due registi offrono vivide riflessioni sull’Antropocene, sui singoli scenari che lo rappresentano, e favoriscono la comprensione della portata e dell’impatto del fenomeno. Nel percorso espositivo si trovano inoltre tre installazioni di Realtà Aumentata (RA) che ricreano su smartphone e tablet, un modello fotorealistico tridimensionale a grandezza naturale di impressionante verosimiglianza, consentendo ai visitatori di tutte le età di “toccare con mano” alcuni degli effetti devastanti, causati dal dominio dell’uomo sulla terra come l’estinzione di una specie animale.

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La mostra Anthropocene è suddivisa in quattro sezioni, che coinvolgono diverse aree del MAST:
ANTHROPOCENE.1 Photo gallery con 19 fotografie di Edward Burtynsky, 7 videoinstallazioni HD,2 murales ad alta risoluzione
ANTHROPOCENE.2 Foyer con 16 fotografie sempre di Edward Burtynsky, 3 videoinstallazioni HD di Jennifer Baichwal e Nicholas De Pencier e 2 murales ad alta risoluzione
ANTHROPOCENE.3 Gallery livello 0 con due installazioni di realtà aumentata che  permettono di vedere in 3D, a grandezza naturale, l’ultimo esemplare maschio di rinoceronte bianco, morto nel 2018 segnando l’estinzione della sua sottospecie.
ANTHROPOCENE.4 Auditorium. È parte integrante della mostra al MAST. il premiato film “ANTHROPOCENE: The Human Epoch” (ANTHROPOCENE: l’Epoca Umana), codiretto dai tre artisti. La mostra si completa con MAST. Dialogues on Anthropocene, un programma di eventi culturali, letture, tavole rotonde.
Hanno co-curato la mostra: Urs Stahel, sia per la PhotoGallery, sia per la collezione di Fondazione MAST, Sophie Hackett e Andrea Kunard, rispettivamente curatrici della Fotografia dell’Art Gallery of Ontario di Toronto e della National Gallery of Canada di Ottawa. Dalla rigogliosa foreste della Cathedral Grove di Vancouver Island, alla barriera corallina dell’Isola di Komodo, fino ad arrivare al Giardino di Mast, che ospita un’installazione in realtà aumentata, del leggendario Big Lonely Doug, maestoso abete Douglas canadese quasi millenario (salvato nel 2011 da una imponente deforestazione grazie a un boscaiolo, che l’aveva contrassegnato con la scritta “Non toccate questo albero”), la mostra sposa in tutto i principi del MAST che la ospita, una riflessione approfondita sul rapporto tra l’uomo e il mondo del lavoro attraverso esposizioni di fotografia, che raccontano il settore produttivo, le comunità dei mestieri e l’occupazione in genere.