Alimentazione in viaggio: ecco la Dieta Smartfood per vivere meglio

E’ recente l’uscita di uno dei manuali più interessanti in campo nutrizionale, che presenta i cibi “intelligenti” presenti sul nostro pianeta, utili all’organismo e protagonisti della nostra longevità. Si intitola “La dieta Smartfood”, la prima certificata con il marchio scientifico dello Ieo, Istituto Europeo di oncologia ed è un libro per tutti, per coloro che sono attenti alla salute e alla prevenzione e per quelli che, girando il mondo, possono confrontarsi con novità alimentari tutte da provare. Mangiare bene e sano, infatti, anche quando si è in viaggio è un aspetto determinante, che non dovrebbe mai essere sottovalutato, del resto in ogni Paese o area geografica è possibile trovare “alimenti che si comportano come farmaci, capaci di curare e proteggere l’organismo”, come sostiene Eliana Liotta giornalista e autrice dell’opera. Vediamo nel dettaglio la diffusione di alcuni “smartfood” e come possiamo utilizzarli al meglio. L’ Asia è un continente che si presta a diverse soluzioni in campo alimentare, che coniugano benessere e bontà. I cachi sono frutti interessanti perché posseggono la fisetina, una sostanza anti-età che previene diabete, ipertensione e sclerosi cerebrale, non a caso sono chiamati “albero delle sette virtù” in Cina e “albero della pace” in Giappone, in quanto una delle poche piante sopravvissute al bombardamento atomico di Nagasaki nel 1945. Il mango è nella top list alimentare di Indonesia, Pakistan e Filippine. Dai colori gialli, rossi o verdi, quello che conta è la loro ricchezza di vitamina A e C. In Africa e precisamente in Egitto, la lattuga è un alimento sacro al dio Min, coltivata ai tempi dei faraoni e il cui olio aiuta a combattere l’insonnia. In tema di longevità le nostre arance rosse di Sicilia sono imbattibili, mentre in Europa lo Ieo ci invita a consumare i ribes della Polonia, le cui antocianine rallentano la vecchiaia e tengono lontano i tumori. Il viaggiatore curioso, però, non si sofferma solo sulle materie prime, ma cerca con attenzione, gusto e qualità anche nella preparazione del piatti locali. In Corea si usa la pratica della fermentazione, da noi molto meno diffusa.

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Il kimchi coreano è un piatto a base di verdure fermentate con spezie, davvero molto apprezzato. Poco conosciuto è il natto giapponese, fagioli di soia fermentati, un vero tesoro di vitamina K e proteine, legato alla tradizione antica dei samurai. Il tulsi indiano è una particolare specie di basilico, considerata sacra perché le sue foglie hanno proprietà antiossidanti e antinfiammatorie. E’ una pianta usata dalla medicina ayurvedica, è il simbolo della dea Lakshmi, coltivata vicino ai templi che viene si trova spesso nelle case dalle famiglie induiste e pare prolunghi la giovinezza. In Sud America e più precisamente nelle zone del Brasile e di Trinidad e Tobago sono miracolose le bacche scure di acaì, una moda diffusa oggi anche da noi. La colazione con una tazza di Acai na tigela, “una sorta di frullato con granola e guaranà” è davvero un toccasana, perché queste bacche rinforzano le difese immunitarie, un po’ come le radici di suma che hanno proprietà rinvigorenti come il ginseng. Restando in questa zona del pianeta, in Perù è conservato l’oro degli Inca, racchiuso in un frutto insolito chiamato lucuma. E’ un misto tra un patata dolce e un mango, scoperto anticamente dai conquistatori portoghesi. E’ ricco di beta-carotene e ferro, con grandi proprietà antiossidanti e riduce l’invecchiamento cutaneo. Il viaggio attraverso i cibi che fanno star bene si conclude a New York. In questa straordinaria metropoli si trova uno dei trend alimentari del momento: il kale, un particolare tipo di cavolo nero che da qualche anno è richiestissimo, tanto da portare alla pubblicazione di libri di ricette davvero insoliti “50 sfumature di kale”. E’ un ortaggio ricco di fibre e vitamina B6 e secondo alcuni ricercatori aiuta a sviluppare una mente ottimista. E allora non resta che provarlo! “Dobbiamo partire dal cibo come ricchezza, come scambio, come cultura. Solo proteggendo il nostro cibo possiamo pensare di salvaguardare le nostre risorse e il pianeta che ci ospita“.(Carlo Petrini)