Bologna: il cuore, il colore e la storia
“Bologna è tra le città più belle d’italia e d’Europa. Non esiste città che le assomigli, e che possa sostituirla. E’ bella per la carica, per l’abbondanza del colore; e il colore che la satura è prevalentemente il rosso o il rossastro” (Guido Piovene). Ci sono emozioni cromatiche che non si trovano in tanti luoghi, qui a Bologna, però, è possibile lasciarsi sedurre da un profilo architettonico insolito e suggestivo, che delinea tratti di straordinaria bellezza. Una passeggiata per il suo centro storico, mette in luce quelle sfumature intense, dal giallo al rosso, dall’arancio al viola, che caratterizzano i suoi prestigiosi palazzi, affacciati pigramente sul mondo circostante. L’origine di tale meraviglia policroma va ricercata nei materiali da costruzione, quell’argilla e quella roccia arenaria che fanno la differenza. Gli edifici di mattoni rossi presentano spesso muri lavorati, secondo la pratica della sagramatura, così levigando la superficie in modo liscio e omogeneo, spuntava il disegno dei mattoni e si ottimizzavano costi e sprechi di intonaco. Ne è un esempio il palazzo della Mercanzia, superlativo esempio nel cuore della città. Da qui raggiungere piazza Santo Stefano è un attimo, che diventa un sogno. Raccolta e asimmetrica nelle sue dimensioni, la si può abbracciare con uno sguardo solo. Il silenzio, la quiete, il desiderio di intimità e meditazione, trovano qui il luogo ideale. Il romantico camminamento sotto i portici le conferiscono quell’alone di coinvolgente atmosfera, che ha il suo culmine davanti all’ingresso della basilica omonima, di origine romanica, facente parte del complesso Sette Chiese.
La decorazione con la terracotta venne utilizzata al posto della pietra e del marmo e, soprattutto agli inizi del 400, si diffuse una particolare scuola, che fece di questa tecnica la sua specialità. Ne sono evidenti gli esempi di edifici civili o chiese disseminate per il centro. Qui, in particolare, sorprendono e incuriosiscono i decori del vicino palazzo Amorini Bolognini Salina, una dimora cinquecentesca di grande interesse. 130 teste di terracotta spuntano da ogni parte: figure di ogni tipo e sembianza, che pare avessero il compito di allontanare gli spiriti maligni. Le maniglie dei portoni sono forse il dettaglio più insolito: teste di capra con lunghe corna, che lontano da voler rappresentare significati esoterici, inneggiano allo stemma della famiglia Bolognini. A Piazza Maggiore si arriva in pochi minuti. La riconosci subito perché si presenta con l’imponente facciata di San Petronio, patrono della città. Tra i bassorilievi di Jacopo della Quercia, che risaltano sul portale e nuove sfumature di colori, questo luogo è il cuore pulsante della vita bolognese. Il crescentone, infatti, rispecchia un delicato alternarsi di emozioni, che nel granito bianco e rosa della pavimentazione, posata intorno al 1934, trova la sua più suggestiva espressione. Così tra una similitudine gastronomica e una riflessione stilistica, si torna a scoprire qualche altra meraviglia del centro. Si chiama via Piella ed è una piccola stradina, che sovrasta in un punto, il canale delle Moline. Un canale fluviale che un tempo era percorso da imbarcazioni dedite soprattutto al commercio. Un tratto navigabile che dal Novecento in poi non è stato cementato e che oggi costituisce un punto interessante, nella scoperta di quella “Bologna fluviale”, fatta anche di inaspettate gallerie e lunghi tratti sotterranei. L’acqua appartiene alla città e ne sono prova i quartieri di Navile e Porto, per esempio. Ma qui, proprio qui in via Piella, puoi lasciarti stupire da un dettaglio inimmaginabile. La finestrella segreta che si apre sul canale sottostante è un’immagine curiosa e sorprendente, che non scorderai piu.
“Accendo il motore, guardo nello specchietto e vedo riflessa con un po’ di dolore Bologna col rosso dei muri alle spalle che poco a poco sparisce” (Lucio Dalla)