Hermann Hesse e l’arte del viaggiare
“Viaggiare deve comportare il sacrificio di un programma ordinato a favore del caso, la rinuncia del quotidiano per lo straordinario, deve essere strutturazione assolutamente personale delle nostre inclinazioni.” Hermann Hesse nasce il 2 luglio del 1877 a Calw, nel Baden-Wurttemburg da padre estone e madre indiana. Nel 1892 aveva già capito “a 13 anni di voler diventar poeta o nient’altro”. Ancora oggi è ritenuto uno dei principali scrittori tedeschi del Novecento, conosciuto in tutto il mondo per romanzi indimenticabili come Siddharta, Il lupo della steppa, Il gioco delle perle di vetro e altri ancora. Fu insignito, inoltre, nel 1946 del premio Nobel per la letteratura. La sua intensa produzione si compone di influssi naturalistici e rispecchia il forte interesse per il misticismo orientale e per tutte quelle poliedriche manifestazioni dell’animo umano che egli sa imprimere con delicata fermezza nelle sue pagine più conosciute.
In vari scritti minori (tra cui “Hermann Lauscher” e “L’ultima estate di Klingsor”) emerge, infatti, l’estensione del significato di un termine tedesco “Wandern” che nel 1906, nell’edizione del Dizionario Enciclopedico Brockhaus, veniva tradotto con “…modo di viaggiare a piedi soli o in compagnia(..) E’ una pratica eccellente che permette di conoscere della propria regione e del proprio paese natura, carattere nazionale, costume e storia..”. Hesse diventa un “viandante romantico”, un uomo alla ricerca di se stesso attraverso i luoghi della sua vita, i simboli, i ricordi, le attese, la ricerca.
La definisce “azzurra lontananza” (die blaue Ferne) e la colora di una percezione sensibile e impalpabile, una contraddizione costante che da un lato lo porta a ricercare una Patria e un punto fermo nella sua esistenza e dall’altro lo spinge alla scoperta di un sé primordiale.
“Da allora sono diventato viandante” confessa serenamente proprio in questo scritto del 1904 e pubblicato insieme al “Diario di un senza nome” nel 1906.
La voglia di viaggiare è qualcosa di intimo e di speciale che muove le corde più profonde della sua anima e lo spinge a vivere esperienze dal significato intenso e riflessivo.“E io pensai alla brevità della vita umana e ad un tratto di tutti i propositi, i desideri e le ammissioni non rimase più nulla se non una insanabile, forsennata voglia di viaggiare. Ah,la vera voglia di viaggiare non è niente di più e di meglio che quella rischiosa gioia di pensare: ora mi metto il mondo sulla testa e voglio avere risposte da tutto, cosa, uomo e avvenimento. Non la si tacita coi progetti né sui libri: esige e costa di più; occorre almeno impegnarvi il cuore e il sangue”. (“Sulla pratica del viaggiare” – 1904). Si viaggia per “vivere un’esperienza preziosa”, per “appropriarsi spiritualmente, pezzo per pezzo, dei paesi che affascinano il proprio cuore e conquistarsi un frammento di mondo imparando a conoscerlo e a gustarlo lentamente, mettere radici in molti paesi diversi e raccogliere da oriente a occidente le pietre per costruire il bell’edificio di una vasta comprensione della terra e della vita”. Molti viaggiatori di piacere, secondo Hesse, si recano in diverse gradevoli località pensando che la vicinanza alla natura sia sinonimo di viaggio appagante e ristoratore, ma il senso profondo del viaggio è ben altro: “le persone che nei viaggi sono capaci di rendersi ben presto familiare un paese straniero e di posare occhi sui valori autentici e più preziosi sono le stesse che hanno colto il significato della vita, che sanno seguire la propria stella”. Ma quali sono i Paesi scelti da Hesse come mete dei suoi viaggi? L’Italia è sicuramente uno tra i suoi luoghi preferiti. “Anemoni” è un resoconto del primo viaggio che egli fece in Italia nel 1901. “Conoscete la primavera di Firenze? (…) Il viandante era felice nell’animo (…)” . La “Passeggiata sul lago di Como” invita a una delicata immagine: “ Eppure, ancora una volta la satura bellezza mi sedusse e incantò: il romanticismo rupestre dei villaggi appesi ai fianchi scoscesi del monte, la severità consapevole delle ville aristocratiche con giardino…”. E ancora nel “Taccuino veneziano” pubblicato tra il 1902 e il 1911 su diversi quotidiani, egli dipinge la città e i suoi dintorni con romantica poesia: “Credo però che gli amici della bella e tranquilla città d’acqua avvertiranno spesso attraverso le mie parole la voce dei gondolieri e il ritmo breve delle onde che lambiscono i gradini della Piazzetta, di San Giorgio Maggiore, della Salute e gli stanchi pali di attracco davanti ai palazzi del canal Grande e desidererei che nelle mie parole fosse rimasto qualcosa del respiro di questa meravigliosa città e della sua cultura così raffinata e pur così ricca di colore”. L’educazione ricevuta in famiglia e il clima culturale in cui è vissuto hanno avvicinato Hesse alla filosofia del continente asiatico. Il viaggio in Asia ha intensificato questa passione, questo anelito esistenziale poi tradotto in altri suoi scritti. Durò 3 mesi dal 7 settembre 1911 a fine dicembre dello stesso anno, Singapore, Sumatra, India, Sri Lanka sono alcuni dei Paesi da lui visitati, scrutati con gli occhi di un osservatore attento e consapevole non solo della bellezza tangibile, ma anche del valore di ciò che si percepisce esclusivamente con il cuore e i sensi. I ricordi quasi magici di esperienze vissute, di gente incontrata, di avvenimenti quotidiani dal fascino indiscusso, avvolti in una preziosa atmosfera orientale, sono stati saggiamente raccolti nella meravigliosa e suggestiva opera “Viaggio In India – Racconti indiani”. Nel 1919 decide di stabilirsi in Svizzera, nel Ticino, e qui, a parte alcuni brevi viaggi in Germania, vi resterà fino alla morte avvenuta il 9 agosto 1962 per una sopraggiunta emorragia cerebrale. Hesse aveva 85 anni. Di questo Paese, egli ne offre un quadro dolcemente pittoresco. Quando racconta di una delle sue tante gite sul Gottardo per tentare di osservare l’aquila reale “sentii battere forte il mio cuore e vidi in quella creatura che si librava regalmente nell’aria un inno alato e un simbolo e la seguii con la sguardo struggente e la tenni sempre nella memoria” , o quando racconta dei ricordi legati ad escursioni giovanili compiute d’estate nella zona dell’Engadina che lo avvicinano al senso più profondo della “natura”: “la natura è bella dappertutto o in nessun luogo”, “davanti alla natura siamo liberi e con tutto il nostro essere” e “solo così possiamo crescere e dare significato, valore e ampiezza alla nostra vita”.
A Montagnola, nella Casa Rossa, egli traslocò nel 1931 e qui si dedicò alle sue successive passioni: il giardinaggio e la pittura. Proprio qui, nel Canton Ticino, è nata una preziosa Fondazione che cura l’immagine e la diffusione nel mondo di questo illustre personaggio, le cui opere sono state tradotte in circa 60 lingue diverse. Una mostra permanente, un interessante museo, varie manifestazioni e proposte di itinerari per conoscere meglio lo scrittore e l’articolarsi della sua variopinta esistenza, impreziosiscono maggiormente questo grazioso comune della Collina d’Oro. Un piccolo viaggio alla scoperta di Hesse scrittore, pittore e viaggiatore.