La scelta psicologica del viaggio: motivazioni e teorie
“Una volta che hai viaggiato, il viaggio non finisce mai, ma si ripete infinite volte negli angoli più silenziosi della mente. La mente non sa separarsi dal viaggio“. (Pat Conroy). Credo che in fondo sia proprio così, la motivazione che ci spinge a viaggiare, come già accennato in precedenza, è frutto di precise riflessioni, più o meno consapevoli, che ci portano in una o in un’altra direzione, spinti da bisogni interiori, spesso non chiaramente focalizzabili. Nel 1979 una ricerca di John Crompton ha identificato le due motivazioni principali che ci spingono a viaggiare. Si tratta in realtà di due specifiche categorie: i fattori di spinta (push) e di attrazione (pull). I fattori di spinta sono di tipo emozionale e riguardano le nostre scelte psicologiche come il bisogno di evasione, di relax, di avventura e socializzazione. Gli altri si definiscono nell’ottica della località scelta e soprattutto nelle attrattive che questa presenta, tanto da risultare più interessante e curiosa nella determinazione della nostra vacanza. In concreto, chi è influenzato da elementi “pull” viaggia per il piacere del viaggio, non solo della destinazione finale, ma delle tappe intermedie che sono fonte esse stesse di arricchimento interiore. Gli altri, invece, prediligono luoghi tranquilli, stabili ed equilibrati, a prescindere dalla posizione geografica, ma che soddisfino un target di comforts irrinunciabili. “Viaggiando alla scoperta dei paesi troverai il continente in te stesso“.(Proverbio indiano) Per ciascuno di noi, la conoscenza di se stessi attraverso il viaggio è mediata, molto spesso, dall’età e alle teorie ad esse legate.
Secondo la teoria di Gibson e Yiannakis (2002, pare che le motivazioni turistiche seguano tappe precise nel corso del nostro ciclo esistenziale e cambino a seconda dell’età. Tra i 28 e i 40 le scelte si orientano maggiormente su viaggi-studio, itinerari culturali e conoscitivi. Si cercano vacanze più impegnate, favorendo esperienze culturali più legate alla stabilità esistenziale raggiunta. Tra i 40 e 50 anni spesso si cerca di dimostrare con la scelta del viaggio, lo status sociale raggiunto, sempre nell’ambito di esperienze culturali. Tra i 50 e i 65 anni, infine, si abbandonano quasi del tutto “forme di turismo legato ad esperienze fisiche stancanti, quali escursioni impegnative e non organizzate. In questa fase aumenta invece il consumo di forme turistiche più sicure e protette, ossia connesse a viaggi organizzati”.
In generale possiamo dire che le principali motivazioni che ci spingono a scegliere e organizzare un viaggio vedono il turismo in sé come “comportamento imitativo” (es. viaggi in mete di moda), “come soddisfazione di curiosità” e di vari interessi conoscitivi o “come realizzazione di un sogno”. Esistono, infine, “regole” utili nella progettazione della nostra prossima vacanza davvero appagante. “Intanto è necessario prediligere luoghi e tipologie di viaggio lasciandosi guidare soprattutto dai propri bisogni del momento: occorre ascoltare gli stati d’animo e le esigenze fisiche attuali evitando di sforzarsi a fare qualcosa che non risponde alle nostre necessità. (..) Un altro aspetto importante da considerare nella valutazione delle opportunità di viaggio, riguarda la scelta dei ritmi turistici in relazione al livello di stress attuale. (…) Altrettanto importante è la scelta della compagnia di viaggio, sia quella con cui partire che quella che è possibile condividere a destinazione. Solo così si potrà beneficiare davvero dei viaggi e non ci si troverà a necessitare di un periodo di “vacanza dalla vacanza”, prima di tornare alla routine”.
“Il viaggio: un partire da me, un infinito di distanze infinite e un arrivare a me“.(Antonio Porchia): oggi non è più possibile, infatti,sottovalutare il valore e la sua potenzialità nella crescita esistenziale dell’uomo.