Torino e la rinascita della Cappella della Sindone
Nella notte tra l’11 e il 12 aprile 1997 un violento incendio distrusse la cappella della Sindone, famoso reliquiario appartenente alla dinastia dei Savoia, che accoglieva il sacro lenzuolo, la Sindone, trasferita nel 1578 dalla cittadina francese di Chambery , proprio a Torino, grazie all’intervento di Emanuele Filiberto. La preziosa cappella, simbolo della città, ne rappresenta l’identità a livello mondiale e oggi la sua riapertura al pubblico (15 mila persone nei 3 giorni inaugurali) è un segno di affetto e di appartenenza davvero tangibile. Ci sono voluti poco più di 20 anni di lavori di restauro, durante i quali si sono affrontate problematiche di vario genere. L’immensa opera di riqualificazione è stata definita “cantiere della conoscenza e della sperimentazione”. Ma andiamo con ordine.
Nel 1607 Carlo Emanuele I postula la necessità di conferire alla Sindone una degna collocazione, tra l’abside del Duomo di S.Giovanni (Cattedrale) e il Palazzo Reale, ma i lavori procedono a stento. Nel 1637 questi vengono affidati a Bernardino Quadri, che inizia a gettare le basi per la successiva costruzione. Qui nel 1668 sopraggiunge l’opera del maestro Guarino Guarini, che ne modificherà il progetto, per quanto riguarda la parte del livello inferiore. Ben presto questo diventerà uno dei suo capolavori geometrici più conosciuti: “l’architettura sebbene dipenda dalla matematica, nulla meno ella è un’arte adulatrice, che non vuole punto per la ragione disgustare il senso”, dichiarerà nell’opera “Architettura civile”.
Il senso del programma barocco è espresso qui. Vi si accede dal portale che si apre dal lato di Palazzo Reale. Il pavimento è stato ultimato da Antonio Bertola, che dopo la morte di Guarini, si preoccupò di punteggiarlo di stelle in bronzo. Dal palco che sta al di sopra del coro, avvenivano un tempo le ostensioni della Sacra Sindone ai fedeli, mentre i due scaloni ai lati dell’altare univano la chiesa con la suggestiva cappella.
Non poteva mancare la celebrazione dei Savoia affidata alla costruzione di una serie di gruppi scultorei (Pantheon sabaudo) in marmo bianco, dedicati a vari membri della famiglia, così attenta a questa realizzazione architettonica. La parte superore del tamburo fu quella maggiormente distrutta dall’incendio, in cui si trovano ampi finestroni che garantiscono una particolare luminosità.
Ma l’elemento più rappresentativo e ricercato resta la famosa Cupola a cestello. Si tratta della costruzione di sei ordini di archi ribassati, che portano alla creazione di particolari elementi esagonali, ruotati di 30 gradi. In questo modo l’impatto scenico è di impressionante splendore e immensa suggestione. Una composizione slanciata di dettagli artistici che suscitano una meraviglia visiva. La cappella termina con una cuspide circoscritta dalla croce.
In pratica sono stati sostituiti migliaia di pezzi danneggiati, attraverso un’opera incessante di rinnovamento di marmi, che ha portato per necessità, alla riapertura della cava di Frabosa e di migliaia di altri pezzi “mancanti”. 28 milioni di euro è stata la cifra finanziata dal Ministero per i Beni e le Attività culturali, a cui si sono aggiunti vari contributi da altri enti e fondazioni, che hanno restituito alla città quel pezzo di anima danneggiata e di cui è stata orfana così a lungo. Interessante nell’ottica di un approfondimento della Sindone e della sua storia misteriosa, è il tour “noir”, proposto da Somewhere, per avvicinarsi alla conoscenza di una dimensione insolita, che aprirà scenari e riflessioni da non sottovalutare.
Il grande filosofo Friedrich Nietzsche affermava con passione che “Torino non è un luogo che si abbandona” e oggi credo di sapere il perché.