“Viaggioterapia: leggo, viaggio, cresco”
“Non dirmi quanto hai letto, dimmi quanto hai viaggiato” (Maometto) “Viaggioterapia. Leggo, viaggio, cresco” (Salani Editore) è lontano dai soliti testi che vogliono spiegare a tutti i costi le motivazioni e lo spirito che ci spinge a vedere nel viaggio una qualche soddisfazione esistenziale. Non è un libro recente, è uscito nel 2012, ma ogni volta che lo rileggo mi nasce un mezzo sorriso, una sottile soddisfazione, un senso di appagamento unico. Non mi stanco mai di riprendere alcune concetti interessanti e ora proverò a spiegarti il perché. “..più facile è viaggiare, più difficile essere viaggiatore” mai pensiero più significativo poteva essere espresso nelle prime pagine di presentazione.
L’autrice, Renata Discacciati, si è occupata di cinema, televisione ed editoria e nel 1987 ha fondato la casa editrice Phileas, pioniera in Italia nell’ambito della narrativa di viaggio. Per provare a conoscerla, è interessante soffermarsi su un’intervista che meglio la descrive. Proprio il termine “viaggio” riassume la filosofia di questo libro che scorre rapido sotto gli occhi e regala delicate sensazioni che profumano di antico, di cultura, di curiosità e di granelli di nuove scoperte. Il viaggio, tradotto nelle diverse lingue in travail, Erfahrung, experimentum, risulta essere “un attraversamento di prove e pericoli per arrivare alla conoscenza”. Come, infatti, credo de sempre, il viaggio, per essere considerato tale, deve provocare in noi un profondo cambiamento non solo a livello mentale, ma spirituale, una crescita o magari una rinascita attraverso l’incontro con luoghi e genti che si interscambiano nel nostro cammino. Si parte, quindi, da una premessa significativa: il viaggio è terapeutico per chi lo affronta. Il riferimento storico all’opera “Ombre sulla via della seta” di Colin Thubron, “uno dei più importanti scrittori inglesi contemporanei” è solo il primo passo per poter iniziare a ragionare sui motivi scatenanti che sono alla base della scelta di un viaggio, non di un Paese, ma di un momento personalissimo frutto di scelta consapevole che ci porta lontano dal nostro quotidiano.
Il viaggio diventa “l’eccitazione, la sfida, l’infinita seduzione” che tra queste righe si ritrova capitolo dopo capitolo, in una sorta di puzzle che via via prende forma. Si viaggia per amore, come l’autrice ci descrive nella sezione in cui racconta il suo rapporto affascinante e coinvolgente con l’India; per conoscere culture e trovare nello scambio un motivo di cambiamento, come nella descrizione dell’esperienza in Borneo, oppure come per molti, si viaggia per lavoro, tanto che il viaggio stesso diventa espressione di vita, di movimento e di routine e anche qui, l’autrice non si risparmia nella descrizione dei suoi impegni professionali che l’hanno portata ovunque (Kenya, Stati Uniti, Gran Bretagna..). Affascinante il capitolo dedicato alla magia della natura, forza ispiratrice di tanti viaggi: “Questo mondo è una meraviglia. Non c’è niente da fare, è una meraviglia. E se riesci a sentirti parte di questa meraviglia (…) se Tu, questa essenza di te, sente di essere parte di questa meraviglia, ma che vuoi di più, che vuoi di più? Una macchina nuova?” (Tiziano Terzani). C’è ironia e riflessione dietro ogni racconto che appare semplice, asciutto, che va dritto al cuore e sveglia la mente.
Il viaggio diventa luogo di pellegrinaggio e così la descrizione della Mecca, di Lourdes o di Medjugorje, esprimono al meglio questa spiritualità, o è pura adrenalinica avventura “credo che l’uomo abbia la necessità di provare i suoi limiti perché mai, come in questo periodo storico in cui sembra che abbiamo raggiunto il punto più alto della civiltà, ci rendiamo conto che il modello di sviluppo proposto non ci soddisfa più” , o ancora si viaggia per scoprire luoghi di piacere “il viaggio, come il sesso, è la ricerca dell’ignoto” o per avvicinarsi a costumi lontanissimi dal nostro modo di pensare (interessante è la scoperta delle tradizioni, simbolo della storia del Giappone). Un viaggio non è mai lineare, raramente si sviluppa semplicemente, così come concepito nella nostra testa a priori, ecco perché è significativa la sezione dedicata agli imprevisti : “il viaggio da sempre è ricco di accidenti o di incidenti; al momento ti sembra di non poter vincere l’ostacolo, ma, una volta ritornati a casa, sono proprio le esperienze più ardue e impegnative a ricompensare il viaggiatore che ha affrontato i pericoli”. Il tema del ritorno a casa dal viaggio, non poteva assolutamente mancare. E’ il momento conclusivo, quel respiro di sollievo quando si apre la porta di casa, misto al rimpianto “per la fine di un’avventura, la consapevolezza di aver detto molto addii a persone che forse non si incontreranno mai più..”. Tra aneddoti, citazioni di personaggi famosi e delicati ritagli di storia, ecco dispiegarsi un finale quasi a sorpresa: “La mia morale..è questa: se credete di essere perfetti, non muovetevi, restate dove siete: se invece pensate che l’incontro con culture diverse, con altri popoli e altre realtà sia occasione di crescita, andate via, partite e godetevi il viaggio”. Come dice quel proverbio africano: “Molto viaggiare insegna a vedere”.